Partitura autografa, microfilmatura su nostra richiesta; I-Nc, Rari: 2.10.4, 5.
La commedia per musica in tre atti va in scena al teatro dei Fiorentini di Napoli nell’estate del 1769. Esistono due versioni del testo, una più ampia con 34 scene e una forte coloritura partenopea, un’altra con sole 24 scene, un personaggio in meno e la quasi totale sparizione del vernacolo.
Le fonti del Don Chisciotte
La fonte è ovviamente il romanzo di Cervantes, ma l’autore del libretto, Giambattista Lorenzi, avverte che non solo i fatti sono stati ristretti e, per le note esigenze di unità di luogo, alterati, ma anche che vi sono alcune uscite dalle tracce (sic) per esigenze della Compagnia.
La trama
Il cavaliere errante Don Chisciotte e il suo scudiero Sancio arrivano in un’osteria.
Qui, due dame, la contessa e la duchessa, si divertono a intessere trappole e scherzi non solo alle spalle di due sciocchi pretendenti, Don Platone e Don Galafrone, ma anche di chiunque capiti loro a tiro, aiutate in ciò dalla serva Carmosina e dall’ostessa Cardolella. È scontato che il cavaliere dalla trista figura diventi per loro un bersaglio fin troppo facile: nemmeno il fedele Sancio è in grado di impedire che il padrone affronti situazioni assurde ed impossibili, come il finto viaggio bendato sull’Ippogrifo, la lotta con i mulini a vento e la supposta pietrificazione durante il duello tra Platone e Galafrone.
Il libretto ha lo statuto di un divertente gioco di società, dalla trama tanto esile da essere inesistente, pretesto per travestimenti e scenari tanto mirabolanti quanto di cartapesta.
Chisciotte ha la consistenza di una marionetta lignea e fibrosa, come tutte le marionette condannato a ripetere sempre se stesso e gli spettatori posso abbandonarsi senza rimorso al piacere di scoprire quello che già sapevano.