Il mondo della Luna
Il dramma comico per musica di Polisseno Fegejo (nome in Arcadia di Carlo Goldoni) «Il Mondo della Luna», scritto nel 1750 per Baldassarre Galuppi è all’origine del libretto di Anonimo musicato da G. Paisiello nel 1783 a Pietroburgo e ripreso a Napoli nel 1784.
Tra il lavoro di Galuppi e quello di Paisiello si inserisce nel 1777 il dramma giocoso in tre atti di Franz Joseph Haydn con lo stesso titolo.
Il testo goldoniano
Goldoni sviluppa in tre atti la burla tramata dal finto astrologo Ecclitico con la complicità dell’amico e compare Ernesto alle spalle del babbeo Bonafede, padre di Clarice e Flaminia, di cui i due sono rispettivamente innamorati, per costringerlo a concedere loro la mano delle donzelle.
Partecipano al piano il servo Cecco e la cameriera Lisetta, per la quale Bonafede arde di senile passione.
Le scene del primo e del terzo atto si svolgono sulla terra, il secondo è sulla luna dove si fa credere al vecchio di essere arrivato: tra caleidoscopici balletti e finte incoronazioni, con un Cecco che funge da Imperatore e Lisetta nei panni di Diana, Bonafede acconsente alle nozze delle figlie e rinuncia a Lisetta.
L’intermezzo lunare tra i due atti terrestri consente a Goldoni da una parte di aprirsi uno spazio plautino dove le sue marionette si esibiscano allegramente in travestimenti e qui pro quo continui alle spalle del beffato di turno, dall’altra di rovesciare, senza impuntature ideologiche troppo spinte, comportamenti e consuetudini non più giustificabili all’avvento dei lumi.
L’Autore istituisce una sorta di mediazione tra la luna alternativa alla terra e la luna paese di Cuccagna nell’intento di non giocarsi le simpatie del pubblico senza rinunciare però a far passare un messaggio comunque provocatorio: i diritti del cuore e i diritti delle donne è ora che vengano allo scoperto affermandosi come insopprimibili esigenze di natura, contro i pregiudizi e l’ignoranza di chi si regola ancora sul passato delle nonne (Bonafede, atto I, scena II).
Svenevolezze e bamboleggiamenti vengono messi a nudo sulla luna e gli amori senili non hanno alcuna speranza: Goldoni tratta di queste piccole miserie con mano leggera all’interno di una macchina teatrale ben collaudata che controlla lo scandalo facendo in modo che lo spettatore non dimentichi mai che si è di fronte ad un ‘altro’ mondo, un mondo di cartone (Lisetta, atto II, scena XIII).
Sulla terra la lezione della luna si traduce in massime di sano buon senso (Clarice, atto III, scena II, Cecco, atto III, scena V) mentre ai padri, per quanto messi davanti al fatto compiuto, si chiede doverosamente il tradizionale, dovuto consenso alle nozze (Cecco, atto III, scena ultima).
Nessuna inquietudine rimane quindi allo spettatore, convinto di avere assistito ad una gioiosa provocazione senza veleno, mentre in fondo il mondo alla rovescia si è rivelato vincente, sia pure sotto il travestimento burlesco.
Libretto
È noto1 che i libretti d’opera sono, nel ’700, un effimero prodotto editoriale, stampato per la serata della prima, quasi mai letto dagli spettatori2 e, dopo la prima, abbandonato a se stesso, esposto a tutte le manipolazioni.
Essi recano quasi sempre il nome del musicista, spesso danno informazioni dettagliate su cantanti e scenografi, ma assai raramente vi compare il nome dell’autore.
Si tratta per lo più di abili e smaliziati addetti ai lavori3, che, pressati dagli impresari o dalle richieste dei teatri di corte, forniscono un ‘pretesto’ o canovaccio in tempi strettissimi, utilizzando schemi ben collaudati, sia che derivino la materia da fonti letterarie sia che rielaborino libretti preesistenti.
Il musicista non necessariamente collabora col librettista. Se c’è intesa e soprattutto se c’è tempo, il libretto si adegua alle esigenze della partitura, altrimenti il musicista apporta di sua iniziativa alcune modifiche, in genere non sostanziali.
Modifiche strutturali si possono invece avere quando e se l’opera viene ripresa in ambienti e per un pubblico diversi da quelli della destinazione originaria.
In questi casi l’indizio dell’avvenuta manipolazione è generalmente la debolezza o la pretestuosità della cerniera tra un Atto e l’altro perché si tratta quasi sempre di ampliamenti dell’originale e lì si concentra il grosso dell’intervento librettistico. Per il musicista si tratta di aggiungere qualche Aria, un Terzetto o un Quintetto per il Gran Finale d’Atto e di spostare o inserire un ballo.
«Il Mondo della Luna» è ricavato da un Anonimo dal testo goldoniano dello stesso titolo, già servito, come s’è detto, per un’opera di Galuppi (1750) e per una di Haydn (1777).
La partitura autografa
Partitura autografa, microfilmatura su nostra richiesta; I-Nc, Rari: 2.8.19, 20.
Si presenta con tre frontespizi, due all’inizio dell’opera. Essi sono all’evidenza di mano diversa, l’1 di mano non identificabile, il 2 sicuramente di mano di Paisiello con firma autografa e la data: Pietroburgo 1783; il 3 di mano non identificabile, divide l’opera in 3 atti («Atto secondo e terzo»). L’1 reca la data: Napoli 1784 (che compare poi anche alla fine della sinfonia) e l’indicazione del Teatro del Fondo come luogo della rappresentazione. Informa anche che si tratta di un lavoro ampliato dal maestro rispetto all’originale:
1. «Rappresentato per l’apertura del nuovo Imperial Teatro di pietra di S. Pietroburgo, per festeggiare il giorno dell’incoronazione di S.M.I. Caterina II, l’anno 1783. Poesia di Carlo Goldoni Veneziano.
N.b. Questa drammaturgia rappresentata in un atto a S. Pietroburgo 1783.
Riprodotta in Napoli, accomodata dall’autore in tre atti, pel Teatro del Fondo, l’anno 1784.»
2. «Il Mondo della Luna. Dramma giocoso. Musica del Sig. D. Giovanni Paisiello. In S. Pietroburgo. L’anno 1783.»
3. «Il Mondo della Luna. Dramma giocoso in tre atti di Carlo Goldoni. Musica di Giovanni Paisiello. Scritto a Pietroburgo in un atto, 1783. Ampliato dall’autore in 3 atti pel Teatro del Fondo nell’anno 1784. Atto secondo e terzo.»
La struttura del libretto, come è stato ricostruito dalla partitura autografa, vede, rispetto al modello letterario di partenza, un radicale mutamento della struttura ideologica dell’opera goldoniana: sparita la centralità del mondo lunare, cancellato ogni cenno, anche garbatamente polemico, alla luna come alternativa alla terra, non rimane che la burla a reggere l’intrigo.
La scelta di arrivare a un testo di puro divertimento inoffensivo (la sostituzione per Cecco del titolo di Imperatore con quello più anodino di Gran Signore del satellite è però un eccesso dovuto probabilmente a un intervento censorio4), è la prova che il libretto è stato concepito come Divertimento Buffo in 1 Atto (sul modello di Pergolesi) mentre quello di cui disponiamo è una evoluzione dell’originale di Pietroburgo, approntata per l’edizione napoletana dell’opera.
In particolare per quanto riguarda il testo musicale è possibile rilevare come Il Mondo della Luna appartenga all’ambito tipico dell’Opera buffa napoletana: una musica semplice, di grande comunicativa e con idee melodiche molto accattivanti.
Il ritmo è sostenuto e la stesura in un solo atto indica la necessità e la volontà di puro intrattenimento (l’opera era stata commissionata per l’incoronazione di Caterina II di Russia). Musicata e rappresentata a San Pietroburgo in un epoca in cui la città, da poco edificata anche con l’intervento di architetti italiani, doveva assolvere il ruolo di capitale della nuova Russia, l’opera, pur nella sua brevità e lievità, ben rappresenta la considerazione in cui la cultura italiana ed in particolare la musica erano tenute in Europa.
La ripresa di quest’opera dopo circa duecentocinquant’anni vuole anche ricordare e riproporre questo significativo passaggio.
Notes:
- Pasquale Stoppelli: Filologia dei testi a stampa, Bologna, Il Mulino, 1987. ↩
- Cfr. Stendhal in Vie de Rossini, citato da M. Beghelli – N. Gallino: Tutti i libretti di Rossini, UTET, 1995, p. XXV. ↩
- Per il lavoro dei librettisti: C. Dalhaus, Drammaturgia dell’opera italiana, in Storia dell’opera Italiana (a cura di L. Bianconi e G. Pestelli), vol. VI, Torino, EDT/MUSICA, 1988. ↩
- Cfr. M.Beghelli – N. Gallino op. cit. p. XXI. ↩